Wednesday 25 February 2009

Pastures new




Sara' l'aria di crisi, il clima inclemente, la sterlina ai minimi storici che taglia il potere d'acquisto nella zona euro, la qualita' del cibo scadente, ma molti italiani se ne stanno andando.

Un paio di settimane fa arriva una mail di un amico, avvisa la comunita' italiana che:

All,
as some of you may know, it seems pastures new wait for me on the continent.


Leggo distrattamente, sapendo che stava cercando gia' da un po' non sono sorpreso. L'occhio si sofferma pero' su quel pastures new che sembra stato scritto altrettanto distrattamente invertendo aggettivo e sostantivo: io infatti mi sarei aspettato new pastures (nuovi pascoli).

Pochi giorni dopo pero' e' arrivata un'altra email:

Please be informed that XY is leaving us for pastures new at the end of this week, and ZK has returned to take her place.

Una volta si puo' sbagliare ma due? Per di piu' stavolta e' un inglese a scrivere (anche se questo potrebbe non voler dire niente in un Paese in cui la grammatica e' praticamente sconosciuta ai piu').

Allora prima di continuare a pensare che siano gli altri a sbagliare e' meglio dare un'occhiatina al vocabolario...per scoprire che assegna l'espresione a John Milton (quello di Paradise Lost, lo dico piu' per me che per voi) che in Lycidas scrive "Tomorrow to fresh woods and pastures new".

Paradise Lost. E non Lost Paradise: o c'e' qualche regola che non conosco o a quei tempi andava di moda mettere l'aggettivo dopo il sostantivo.

Friday 20 February 2009

Dad at 13




No, questa volta non e' un modo di dire. E' un assurdo modo di fare, di vivere.

Il Sun (che in questi argomenti ci sguazza felice) ne ha fatto la sua copertina venerdi scorso: un ragazzino di 13anni con la sua fidanzatina di 15anni freschi freschi nuovi genitori.

Ho visto che la notizia e' arrivata anche in Italia, per cui so di non raccontare nulla di nuovo, pero' il fenomeno delle babygravidanze e del contesto sociale in cui nascono e' talmente lontano dallo stereotipo che abbiamo sugli inglesi che vale la pena riparlarne.

C'e' infatti tutta una Gran Bretagna ben lontana dalla swinging London: e' la Gran Bretagna della working class piu' povera (e/o piu' impaurita come nel caso di British jobs to British workers), di quella che magari non ha mai attraversato la Manica, o neppure i confini della sua contea, che vive col sussidio di disoccupazione e nelle case messe a disposizione dal comune, in un humus (a)sociale e (a)culturale, dove i ragazzini tendono al bullismo e le bambine con eta' ad una cifra sola indossano improbabili tacchi a spillo scimmiettando gli unici modelli che conoscono, ovvero quelli televisivi ed ambientali.

Spesso entrambi, maschi e femmine, con genitori distratti o senza gli strumenti per proporre altro. E come potrebbero, d'altro canto, quando questi stessi genitori non hanno avuto occasione di crescere curiosi, di sperimentare diversi modi di vita, di apprendere il rispetto di se' e degli altri?

L'articolo del Sun chiude con una frase che e' uno sconfortante e facile presagio: "Britain’s youngest known father is Sean Stewart. He became a dad at 12 when the girl next door, 15-year-old Emma Webster, gave birth in Sharnbrook, Bedford, in 1998. They split six months later."

Thursday 19 February 2009

Annoying




E con questa, e' la terza volta consecutiva che torno in Italia e che mi ammalo.

Potrebbe essere l'occasione giusta per un bel post sulle espressioni inglesi piu' colorite e meno eleganti, invece, da bravo englishman in erba, mi concedero' solo che tutto cio' e' molto fastidioso, very very annoying.

Comunque non capisco: ma vivere in un Paese ventoso e piovoso, con il grigio come predominante colore di fondo, non dovrebbe in questi anni aver temprato il mio fisico? E l'Italia poi, era o non era il Paese nel quale ai tempi del Grand Tour gli Inglesi venivano per curare i loro malanni? Ed allora come mai a me (ed anche ad altri colleghi in realta') succede il contrario? Sani come pesci al lavoro, ed ammalati non appena si sbarca sul suolo patrio. E poi non si venga a dire che gli italiani non sono attaccati al lavoro: ammalarsi in ferie, questo si che e' aziendalismo in tempo di crisi economica! :))

E questa volta neppure una sobria, ipocondriaca man flu, ma un'influenza vera e propria con la colonnina del mercurio che dopo aver civettuosamente flirtato un po' con il 39, in pieno spirito SanValentinese si abbraccia al 38 non molla piu'....

Insomma, io pensavo di passare qualche giorno "Under the Tuscan sun", ed invece sono finito "Into my Tuscan bed".

That's really annoying, my dear Watson.

Friday 13 February 2009

Delayed




Quando devi prendere un volo sai che non ti puoi permettere di perderlo, perche' l'aereo non e' come il treno che alle brutte parti un'ora dopo col successivo.

Pero', quando il decollo e' all'una di pomeriggio, non ti va di uscire dal lavoro troppo presto e sprecare ore di ferie.

Per cui decidi di mettere a frutto tutti quei (dis)corsi sul just in time, e ti organizzi per benino.

Ed allora calcoli quale tragitto fare per arrivare all'aeroporto (il west gate a quell'ora e' ancora chiuso, per cui devi passare dal main gate per uscire dall'azienda), pensi a cosa potrebbe andare storto (perche' si sa, if anything can go wrong, it will), ed infine decidi che, visto che stai via solo per un long week-end, puoi optare per il bagaglio a mano ed il check in online risparmiando cosi' qualche minuto potenzialmente prezioso.

Potenzialmente, perche' poi arrivi all'aeroporto, cerchi il volo sul terminale e leggi: Delayed.

Tuesday 10 February 2009

Two left feet




Immaginiamo che, incamminandovi per un diverso viottolo della vita, foste finiti a vivere in Inghilterra.

Come occupereste il vostro tempo libero? Giocando a golf nelle (rare) giornate di sole estivo? Praticando quello sport che qui viene preso molto sul serio e che va sotto il nome di badminton? Dando una chance al cricket?

Io, con una certa incoerenza geografica, ho optato per delle lezioni di tango.

Per chi si chiedesse come mai proprio tango (di solito, se proprio ci si da' al ballo, la salsa raccoglie molti piu' consensi), il motivo e' piuttosto banale: un'amica spagnola che per un po' di tempo ha vissuto in Argentina, e li' iniziato a ballare tango, voleva fare un corso. Poi, come spesso capita, e' finita che io mi sono appassionato, mentre lei non e' praticamente mai venuta....

Oddio, imparare tango in un Paese cosi' poco latino, fa un po' strano va ammesso. Intanto perche' gli inglesi da sobri sono tutt'altro che disinvolti e poi perche' tra un tango e l'altro non di rado ci si rilassa con un tea-break, sicuramete una soluzione scarsamente adottata dai milongheri di Buenos Aires.

Ma c'e' anche un lato positivo per chi inizia: l'usuale, affidabile, politeness inglese. Anche se sbagli tutto ma proprio tutto, anche se non azzecchi il ritmo oppure strattoni maldestramente la partner dimenticandoti di spostare il suo peso sul piede giusto prima di partire, e ripeti sempre le stesse tre quattro figure che hai imparato, loro non si lamenteranno mai.

Anzi puo' pure capitare che si scusino per la mancata riuscita del ballo: "Sorry, I've got two left feet".

Friday 6 February 2009

Small talks




Una delle torture a cui deve sottoporsi un expat in UK, ma penso si possa tranquillamente generalizzare, sono gli small talks, ovvero quelle pillole di conversazione scambiate tra pseudo-sconosciuti.

"Where are you from?", "How long have you been in UK?", "Sounds like an interesting job!", "Really?? Oh...Tuscany is sooo lovely", "...and after my Erasmus..." (perche' tra certi emigranti di nuova generazione c'e' sempre un Erasmus di mezzo)....etc....etc.....

Ecco dopo tre anni di questa solfa annuncio todo mundo che non ne posso piu' di small talks.

In realta' all'inizio e' molto eccitante, soprattutto per chi, come noi italiani, proviene da una realta' dove generalmente il massimo dell'esotico e' conoscere qualcuno trasferitosi da una regione diversa.

L'Inghilterra, invece con il suo multiculturalismo, ogni giorno da' l'occasione di confrontarsi con persone che vengono da ogni dove ed e' cosi' che ogni tavolata si trasforma in una sorta di sessione plenaria delle Nazioni Unite: dal collega spagnolo alla ragazza francese ma nata in Algeria, a quella egiziana, dalle persone dell'est Europa a quelle del SudAmerica, non dimenticando gli indiani e gli australiani che in Gran Bretagna sono di casa. Insomma, per dirla con un'espressione un po' scontata, un vero villaggio globale, in cui avere notizie di prima mano sull'attualita' politca e sociale, sulla cultura e le tradizioni dei diversi popoli.

A questo basta aggiungere il fatto che l'expat, soprattutto all'inizio, vive un po' come un nomade immerso in una rete di conoscenze (o social network, come va di moda dire adesso), di gente che va e viene e la frittata e' fatta.

Amici che sono all'estero da piu' tempo di me, mi assicurano che questa reazione agli small talks e' fisiologica e pure ciclica, nel senso che dopo un po' la curiosita' torna. Pero' per quanto mi riguarda, fino a nuovo ordine, basta con gli small talks please.

Monday 2 February 2009

The snow sticks to the ground




Oggi ha nevicato quasi tutto il giorno ed il sottoscritto ha imparato due cose:

1) Anche la BBC ogni tanto trasmette servizi "for dummies" con suggerimenti di deprimente scontatezza ed eccessivo allarme. Citando piu' o meno fedelmente: "Nevica: mettetevi in viaggio solo se necessario, copritevi pesante, assicuratevi che il cellulare sia carico e il serbatoio dell'auto pieno". No comment.

2) The snow sticks to the ground. Sticks, niente "attaches", che in effetti e' orribile, ma a me li' per li' non e' venuto in mente nient' altro. Giusto per ricordarselo, diciamo che la neve in inglese non si attacca, piuttosto si conficca, si incolla al terreno.

E speriamo non si incolli troppo altrimenti finisce che domani mattina mi tocca spalare usando la paletta della cucina o le vaschette del frizer...