Friday 16 November 2012


To pull through

"Girlfriend in a coma, I know / I know - it's serious...Do you really think / She'll pull through?" recita un canzone degli Smiths, band inglese di rock alternativo anni '80.

Non so se sia realmente esistita, e nel caso chi fosse, la ragazza della canzone ma oggi, per il giornalista Bill Emmott e per la regista Annalisa Piras, autori del film documentario "Girlfriend in a coma", la povera ragazza è la nostra Italia.

Non credo che questo film, per l'intrinsecità del genere, rivelerà qualcosa di nuovo a noi italiani, almeno non a quelli con un minimo di interesse per l'attualità. Anche se, a volte, rivedere i fatti messi tutti in fila fa un certo effetto e, da tanti elementi singoli e confusi, viene fuori un concetto, un'immagine nuova, precisa, chiara, un po' come quando si uniscono i puntini nei disegni della Settimana Enigmistica.

Sarà anche interessante vedere come reagiranno gli inglesi (sempre che si aprano un po' e vadano al di là di "Uh, oh, so surprising"). Secondo me una delle fortune dell'Italia è che pochi inglesi hanno il tempo e l'interesse di seguire da vicino le vicissitudini italiane, per cui quello che, mi pare, rimanga nel britannico medio è un'immagine un po' stereotipata, sole e buon cibo, Venezia e Firenze, italiani rumorosi ma simpatici. Ricordo ancora la faccia sbigottita, incredula ed anche un po' imbarazzata di un mio collega quando gli raccontai, con indubbio atteggiamento patriotticamente autolesionistico, che un Ministro della Repubblica avesse suggerito, parlando della bandiera italiana di, aperte virgolette, metterla al cesso.

"Italy's decline over the past 20 years has been horrifying: corruption, corporate power, media monopoly. So much for democracy." She'll pull through? Ce la farà, la ragazza e l'Italia, si chiedono la canzone ed il film.

To pull through significa proprio questo, farcela, riuscire a superare una malattia od un periodo difficile. Ce la farà? Secondo me sì, ce la farà. A patto che noi italiani siamo diposti a farcela. "Italiani sono sempre gli altri" ha detto una volta Francesco Cossiga. Forse dovremmo ripartire da qui.



Girlfriend in a coma uscira' a Londra Lunedì 26 Novembre.


Sunday 11 November 2012


To show off

To show off, mettere in evidenza le proprie capacità per vanto o esibizionismo - Wiktionary, non è un atteggiamento molto apprezzato in UK.

Ostentare chi si è e cosa si è fatto, vantarsi dei propri successi, esibire ricchezza e potere non crea ammirazione, casomai il contrario. Gli Inglesi preferiscono (o forse sono costretti a preferire, mi spingerei a dire, visto le convenzioni sociali) l'arma dell'ironia e dell'understatement.

Questo è un aspetto che ritorna spesso durante le chiaccherate con gli amici inglesi e che ho ritrovato in un interessante, anche se un po' troppo prolisso, libro "Watching the English: The Hidden Rules of English Behaviour" dell'antropologa Kate Fox.

E più si è upper class, più l'understatement è di rigore. Nel libro l'autrice fa l'esempio di dove si troveranno appese, in casa di una famiglia upper class, le foto che ritraggono i proprietari in compagnia di persone note ed importanti: non nella living room, dove costituirebbero un'ostentazione davvero piccolo borghese tradurremmo noi, bensì nella zona che porta al bagno di servizio per indicare che sono momenti della vita a cui si dà abbastanza importanza da incorniciarli ma non troppa da esibirli. Perché proprio il bagno di servizio e non quello privato? Perché è molto probabile che prima o poi un eventuale ospite usi il bagno di servizio e quindi incappi nelle foto. Estremamente contorto, e fondamentalmente ipocrita volendo, ma perfettamente logico nell'ottica di come show off senza show off.

Sempre gli amici inglesi ci ricordano che gli americani invece sono l'opposto, e quello che qui è malsopportato esibizionismo lì crea ammirazione sociale.

Tutto questo mi è venuto in mente stamattina, guardando le copertine di due settimanali che riportavano la notizia della rielezione di Obama dove, anche facendo finta di non conoscere la nazionalità delle testate, quella americana è più che evidente evidente!

Sunday 4 November 2012


Mind the gap

La scorsa settimana Johnson, il blog dell'Economist dedicato al linguaggio, mostrava una classifica sulla conoscenza della lingua inglese prodotta da EF Education First, un gruppo internazionale specializzato nell'insegnamento della lingua inglese.

La classifica si basa su un questionario online a partecipazione volontaria, condizioni che probabilmente limitano l'accuratezza dei risultati. Però se scorriamo la lista e cerchiamo l'Italia la troviamo al ventiquattresimo posto ed il gap tra la ventiquattresima posizione e le prime è tale da rimediare sicuramente l'eventuale errore statistico.



Niente di nuovo sotto il sole, ma vale la pena prendere l'occasione per riflettere: quanto ci perdiamo, come Italia, a non conoscere non dico una qualunque lingua straniera, ma quella di riferimento di internet e la più parlata al mondo come seconda lingua?

E non solo in termini di opportunità commerciali (utili a livello Paese) ma di opportunità sociali, di amicizia, di apertura mentale e di arricchimento culturale individuale (e quindi alla fine, globalmente, di nuovo, utili a livello Paese).

Italia, please, mind the gap, mind the future!

PS: Gap deriva dal norvegese antico, col significato di fenditura, crepa. "Mind the gap" è la celebre scritta sul marciapiede della metropolitana e dei treni per evitare che i passeggeri si facciano male salendo o scendendo dalle carrozze. Uomo avvisato mezzo salvato, anche in UK!